19 Luglio 1992. Dopo Capaci, un’altra autobomba squarcia l’aria, sventra i palazzi e strazia la vita di Paolo Borsellino e dei suoi agenti di scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi (prima donna a far parte di una scorta), Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. L’unico sopravvissuto fu l’agente Antonino Vullo.
Anno dopo anno, la ricerca di una verità completa ha dovuto scalare vette altissime e attraversare campi minati per affrontare depistaggi, omissioni e ritardi.
Processo dopo processo, le responsabilità accertate sul coinvolgimento dei boss mafiosi sono abbastanza chiare. Mancano ancora di fronte alle loro gravissime responsabilità i livelli alti delle collusioni.
Inchiesta dopo inchiesta, sappiamo molto del contesto e delle dinamiche che hanno caratterizzato il biennio maledetto delle stragi e di quanto accaduto in Via d’Amelio, ma abbiamo bisogno di conoscere tanti e tanti aspetti tuttora tenuti ben coperti, a cominciare dalla sottrazione dell’Agenda Rossa, fatta sparire addirittura dalla cartella di Borsellino.
C’è molto insomma da fare per giungere ad una dignitosa verità, sia giudiziaria che politica.
Senza la piena conoscenza, anche a costo di scoprire le più amare e terribili verità, la nostra democrazia non sarà così matura come la Costituzione Repubblicana richiede e merita!
Alcuni documenti ci possono aiutare a capire e riflettere meglio per non subire e non rassegnarsi:
- relazione conclusiva di minoranza, da me presentata il 20 gennaio 2006 (DOC. XXIII, n. 16-bis, XIV leg.)
- la mia nota del 2013 sulle stragi riferita alla relazione conclusiva della Commissione antimafia della XVI legislatura
- intervento del 7 febbraio 2018 sulle conclusioni dei lavori della Commissione antimafia della XVII legislatura
È interessante inoltre leggere le questioni sollevate da Antimafia duemila nel loro lavoro di ricerca e di inchiesta: