I risultati elettorali delle elezioni a Sindaco meritano anche una lettura più politica.
A ben vedere, notiamo che le due coalizioni, per quanto riguarda i numeri elettorali, rimangono inchiodate alle proiezioni di questi ultimi mesi. I sondaggi sul piano nazionale hanno rilevato un ribasso che coinvolge tutti i partiti, dovuto soprattutto alla frammentazione locale causata dalle liste di supporto a cui ricorrono i candidati a sindaco.
Diciamo quindi che il PD, in proporzione, è il primo partito italiano e rimane perno del centro-sinistra e dell’alleanza con i 5 Stelle. Nel centro-destra si confermano il primato di Fratelli d’Italia e il calo vistoso della Lega. Tuttavia, seppur in un contesto elettorale di coalizione più favorevole, restano irrisolti tutti i nodi politici del loro ancoraggio all’Europa e al rispetto di una visione aperta della società.
Per una prospettiva progressista popolare e di governo si pongono i seguenti problemi:
1) Il PD rimane il primo partito ma di una coalizione debole e non in grado ancora di competere per il successo alle elezioni politiche nazionali.
2) Il rapporto del PD con i 5 Stelle rischia di andare in frantumi per via del declino di un movimento che addebita proprio all’alleanza con il PD la sua crisi piuttosto che alla sua difficoltà a diventare movimento di governo innovativo, rispetto all’identità precedente di sola rottura.
3) Il PD teorizza giustamente il “campo largo” ma nei fatti le alleanze nei territori e a livello nazionale sono ancora tipiche di un “campo ristretto”.
4) Il ricorso al metodo delle primarie, piuttosto che essere una “risorsa di apertura” alla società, rischia di trasformarsi in “occasione ristretta” per regolare i conti tra leadership dell’“Io” con strascichi velenosi e divisivi.
Si richiedono pertanto alcune scelte:
1) Il PD deve crescere per avvicinarsi alla soglia del 30 per cento. Per fare questo, deve mettersi innanzitutto alle spalle programmi farraginosi e genericisti. Deve puntare tutto sul recupero del reddito del ceto medio-basso: nessuno può vivere con un reddito inferiore ai 2.000 euro. Inoltre, deve sposare l’approccio dello sviluppo sostenibile socialmente e ambientalmente, investendo sulla green economy e sul Welfare, e puntare dritto sulla meta degli Stati Uniti d’Europa.
2) Si deve realmente costruire un’alleanza aperta alle forze sane del centro moderato e alle tante liste civiche progressiste che nei territori hanno un ottimo radicamento. Un’alleanza da aprire anche ai soggetti sociali del Volontariato, dell’Associazionismo e delle rappresentanze moderne della società civile, dei sindacati, delle professioni e delle imprese disponibili al cambiamento.
3) Il PD deve stabilire un rapporto fecondo con i 5 Stelle per dare voce e rappresentanza ad alcune loro proposte di innovazione radicale ed esprimere nei territori leadership in grado di rappresentare le coalizioni di campo largo.
4) Si deve chiedere alla sinistra del PD una convergenza su temi sociali forti, ma a condizione che le varie formazioni politiche siano compatibili con una cultura di governo e si raggruppino in una lista unitaria.
5) Si deve scegliere un sistema elettorale chiaro: il proporzionale con sbarramento e doppia preferenza di genere corredata da una proposta sulla cosiddetta “sfiducia costruttiva”.
Per un’analisi del voto di domenica 12 giugno, ho pubblicato anche un articolo sul blog “Progresso sociale democratico”