Progetti e Idee, di Giuseppe Lumia
Per descrivere come sarà percepito e raccontato nei prossimi anni il Volontariato Organizzato si possono usare diverse espressioni. Tre sono particolarmente suggestive e significative:
• “Gli applausi del giorno dopo”. Quando si vuole raccontare qualche buon gesto, ed in effetti il Volontariato ne potrebbe raccontare chissà quanti, si esalta con tanto di iperbole il Volontariato. Le buone azioni sono sempre molto gradite dall’opinione pubblica e dallo stesso potere. In effetti serve un po’ a tutti un tale apprezzamento, anche ai semplici cittadini, il più delle volte per mettersi a posto la coscienza con un semplice applauso, una pacca sulle spalle o con un breve riconoscimento – magari a parole – o un piccolo sostegno economico.
• “La solitudine del giorno prima”. L’impegno innovativo di anticipazione, stimolo e sperimentazione, che spesso fanno capolino nelle attività delle autentiche organizzazioni di Volontariato, non è quasi mai raccontato o messo bene in evidenza. Rimane piuttosto sotto traccia, in una sorta di penombra agli occhi distratti della società dei consumi e a quelli un po’ più furbi del potere.
• ”Il disturbo del giorno della critica”. È il fastidio e la saccente irritazione che si provano quando il Volontariato, alla propria azione, soprattutto espletata nei durissimi e vari campi della lotta alle emarginazioni o della tutela ambientale o della promozione educativa, fa seguire denunce delle varie responsabilità e invita caldamente al cambiamento esistenziale, sociale, economico e, perché no, anche politico.
Sia ben chiaro, anche il Volontariato, compreso quello più ispirato e più moderno, vive le ansie e i limiti di questo nostro tempo così travagliato e pieno di lacerazioni interiori, contraddizioni sociali e cadute democratiche. Tuttavia c’è ancora una tensione emotiva, spesso spirituale, sia laica che religiosa, che viene fuori dal “fare” ed “essere” Volontariato, in particolare quando è pensato e vissuto nella dimensione dell’“insieme” come esperienza di relazionalità e fonte di ispirazione al cambiamento in un dato contesto comunitario e territoriale.
Nel contesto attuale emerge dalla cronaca quotidiana che le violenze crescono in tutte le fasce sociali, coinvolgendo sempre più i giovani. Stessa diffusione ha l’indifferenza alle ragioni dell’altro e alla cura dei mali dell’anima e dell’ambiente. Non manca poi un dilagante cinismo di fronte alle clamorose disuguaglianze e alle palesi discriminazioni sociali.
Eppure rimane anche una forte voglia di non farsi trascinare in tali voragini. Vanno diffondendosi una domanda di senso per la propria esistenza, una volontà di impegno verso la prossimità, come una sorta di resistenza attiva del “meraviglioso sentire”, che magari ritroviamo a due passi da casa nostra o nei luoghi che riteniamo più impensabili, nelle famiglie più disgregate, nei quartieri più desolati, nelle aree interne più trascurate.
Allora, per quanti vogliono andare “all’origine della crisi” attuale e al tempo stesso alle fonti limpide delle “sorgenti della speranza”, ci si può immergere in una bella esperienza con il Volontariato perché questo aiuta sicuramente molto se stessi e il prossimo.
Per gli stessi decisori economici e politici, avere il coraggio di aprire un sincero dialogo con i rappresentanti disponibili del Volontariato può fornire elementi progettuali di un certo valore e di reale cambiamento, a patto che ci si accosti a questo mondo vitale con sincerità e lealtà, senza secondi fini meramente elettoralistici o, peggio, per ridurre la sfera del welfare pubblico.
Ma anche il Volontariato organizzato deve vivere il proprio “esodo”, per uscire dalla schiavitù della delega in cui rischia di essere imprigionato per volontà consapevole o meno dei cittadini e delle istituzioni pubbliche.
Ci sono un cammino da compiere e opzioni da valutare anche per i volontari e per le rispettive organizzazioni e reti.
In tal senso è importante prendere in considerazione il sentiero aperto di recente dal Movi della Campania e dall’Associazione Luciano Tavazza. Nella stupenda e fascinosa località di Paestum, si sono radunati dirigenti del mondo del Volontariato provenienti da tutto il Paese per riproporre il dialogo rigenerativo tra le esperienze diffuse nei territori, per un Volontariato che vuole promuovere i nuovi percorsi dell’essere e dell’agire con la metodologia dei laboratori partecipativi ed educativi. Sono emerse idee e stimoli che implicano tutta une serie di scelte. Alcune sono particolarmente motivanti e rigeneranti.
Prima scelta: rigenerare motivazioni, idee e linguaggi con i dialoghi trasformativi tra generazioni e i diversi itinerari di radicamento nelle comunità locali. È emerso il bisogno di stimolare i gruppi di Volontariato e le loro reti a porsi in una condizione di verifica, non tanto di tipo intimistico e consolatorio, ma in quella più matura che sa comprendere i veri limiti e le proprie potenzialità, per aprirsi ai cambiamenti interiori e relazionali di cui si ha bisogno nella propria vita ed esperienza sociale.
Seconda scelta: riabitare il territorio. Non deve sembrare strano, ma abbiamo bisogno di immergerci di nuovo nella vita quotidiana dei quartieri a rischio delle città, delle comunità locali delle aree interne emarginate, per riscoprire insieme culture, pratiche, tradizioni, opportunità di sviluppo sostenibile e liberarci delle fobie localistiche e delle chiusure mentali e sociali che portano solo a pregiudizi e discriminazioni.
Terza scelta: sentire la responsabilità del rilancio della partecipazione politica. Può sembrare una dimensione estranea per un Volontariato concepito erroneamente neutrale, che agisce al di sopra delle parti, come se l’azione volontaria fosse insipida e senza nerbo. Eppure per il Volontariato, che si ispira ai valori religiosi e costituzionali e alle esperienze di liberazione da emarginazioni e lesioni dei diritti umani, sociali e civili, l’impegno politico autonomo e non elettorale è centrale, a maggior ragione in questo momento di bassa partecipazione e di crisi radicale dei tradizionali soggetti politici.
C’è insomma molto da rifare e ripensare anche per il Volontariato moderno.
Le realtà diffuse che portano avanti esperienze paradigmatiche sono tantissime. Estrapolarne qualcuna rischia di essere un tentativo ingeneroso e riduttivo.
Tre sono tuttavia da considerare per comprendere meglio il cambiamento da suscitare su larga scale:
– l’esperienza dei “Medici in Strada” impegnata sul terreno impervio dei senza fissa dimora presenti nella città di Padova, oggi ritenuta a buona ragione la vera capitale europea del Volontariato;
– l’esperienza educativa di “Stop al bullismo”, che si trova nella piccola e meravigliosa Regione del Molise, impegnata ad affrontare la presenza delle varie forme di violenza nella dura realtà giovanile;
– la terza esperienza è quella delle Fattorie Sociali che, partendo da Acireale, ha realizzato una rete nazionale con un percorso integrato di inclusione nella realtà agricola, che oggi ha ritrovato centralità nella considerazione dei cittadini e nella vita sociale ed economica .
Infine sono da segnalare due esempi che spingono il Volontariato al cambiamento politico.
Uno è quello dell’Associazione Luciano Tavazza, che richiede la riforma del Codice del Terzo Settore per tutelare la vita dei piccoli gruppi che rischiano di perdersi nei meandri della burocrazia e per mantenere la vita delle organizzazioni di Volontariato e delle loro reti dentro spazi vitali dí autonomia e solidarietà liberante.
L’altro esempio che può stimolare una crescita culturale e politica del Volontariato organizzato è quello avviato dalla costituenda ReVE (Rete del Volontariato Europeo), che ha l’obiettivo di stimolare l’Europa, nella migliore tradizione del Volontariato che anticipa, a rompere gli indugi per rigenerarsi in Stati Uniti d’Europa, in modo da rappresentare nel contesto della globalizzazione ingiusta, uno spazio vitale di Pace, Giustizia e Salvaguardia del Creato.
In conclusione, il Volontariato organizzato è una risorsa vitale della società, che è chiamato a svolgere anche un ruolo di cambiamento e trasformazione sia sociale che politico, dentro i limiti e le speranze del nostro tempo.
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