Il 25 Aprile non è una festa qualsiasi. Non si possono fare spallucce di fronte alle divisioni politico-sociali che ancora la caratterizzano. Neanche si può rimanere indifferenti sul significato più profondo che questa giornata porta con sé.
Con molta sincerità e un linguaggio comunque dialogico bisogna dirsi le cose come stanno.
Il 25 Aprile è la Festa della Liberazione dal nazifascismo. È una Festa pertanto antifascista. Non possiamo girarci intorno: il negazionismo e il minimalismo sugli orrori e sulla dittatura e una certa ambiguità attuale del dire e non dire vanno messi finalmente da parte.
La nostra Costituzione è antifascista. Non c’è dubbio. Così anche le altre Costituzioni dei più importanti Paesi Europei hanno lo stesso fondamento, quella tedesca, quella francese e così tutte le altre che hanno vissuto e subito la tragedia nazifascista della Seconda guerra mondiale.
La lotta antifascista è stata plurale e vasta: certo la Sinistra, ma anche Cristiani, Liberali, Monarchici e financo espressioni di Destra hanno contribuito alla Liberazione del 25 Aprile.
Il futuro dell’Italia e dell’Europa non può avere ambiguità di sorta su questo delicatissimo tratto di memoria. La progettualità futura avrà sicuramente un’alternanza al governo tra diverse espressioni politiche, di centrodestra e di centrosinistra con le più svariate inclinazioni, ma nessuna potrà giocare con la memoria e il fondamento europeo unitario di liberazione dal nazifascismo.
Potremo così proiettarci al meglio delle nostre possibilità nelle sfide attuali e future con quella maturità che limita le differenze politiche al fisiologico conflitto democratico, senza tuttavia violenze e delegittimazioni reciproche, e con momenti di convergenza quando sono in gioco i valori costituzionali della Pace, della Giustizia sociale e della Salvaguardia ambientale del Creato.
Il 25 Aprile può essere meglio compreso se facciamo riferimento all’esemplarità di alcune testimonianze.
La prima è sul dialogo tra due parlamentari, tra il progressista-azionista Foa e il missino Pisanò, che lo stesso Gianfranco Fini ha ricordato in una sua recente intervista. Foa fu incarcerato per le sue idee dal regime fascista per ben 8 anni. Nel dopoguerra incontrò Pisanò in Parlamento e gli disse: “Se avesse vinto lei, io sarei ancora in prigione. Avendo vinto io, lei è senatore della Repubblica e parla qui con me”.
Per fare memoria in questo 25 Aprile, ho partecipato ad una Santa Messa in cui sono stati ricordati i martiri della lotta al fascismo, in particolare alcuni sacerdoti. Tra questi, Don Giuseppe Morosini, che fu ingiustamente incarcerato, terribilmente torturato e, alla fine della sua Via Crucis, fucilato. Il Presidente della Repubblica Sandro Pertini ricordava:
“Detenuto a Regina Coeli sotto i tedeschi, incontrai un mattino don Giuseppe Morosini: usciva da un interrogatorio delle SS, il volto tumefatto grondava sangue, come Cristo dopo la flagellazione. Con le lacrime agli occhi gli espressi la mia solidarietà: egli si sforzò di sorridermi e le labbra gli sanguinarono. Nei suoi occhi brillava una luce viva. La luce della sua fede. Benedisse il plotone di esecuzione dicendo ad alta voce: ‘Dio, perdona loro: non sanno quello che fanno’, come Cristo sul Golgota. Il ricordo di questo nobilissimo martire vive e vivrà sempre nell’animo mio”.
Sogno, prego e mi batto per fare del 25 Aprile la Festa di Liberazione di tutti, nessuno escluso, per ispirare le tante liberazioni che ancora dobbiamo compiere.