3 Settembre 1982: siamo a ben quarantadue anni da quando fu appeso il cartello con la scritta “qui è morta la speranza dei cittadini onesti”, in Via Isidoro La Lumia, dopo la barbara uccisione del Prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, della sua giovane moglie Emanuela Setti Carraro e dell’agente di scorta Domenico Russo.
Non si può dimenticare. Allora mi trovavo nella “settimana di formazione quadri” della Federazione Universitaria Cattolica Italiana (FUCI), a Castro Marina, nel meraviglioso Salento. In quei giorni, la tensione progettuale scorreva nelle vene di noi giovani universitari protesi a riflettere e pregare sui destini non solo del Paese e del mondo ma per noi anche del Sud.
Tutto avveniva con spirito motivante e gioioso. La notizia dell’agguato a Dalla Chiesa ci gelò il sangue. Il silenzio e la mestizia calarono su tutti noi. Un’altra “cronaca di morte annunciata” si stagliava nella vita di una realtà martoriata.
Perché il suo ricordo è ancora vivo?
Sicuramente perché non si è fatta piena luce sui mandanti che, insieme alla “cupola” di cosa nostra, decisero di agire prima che fosse troppo tardi. Sì, questo sentimento di ingiustizia deve ancora ribollire dentro le nostre coscienze e deve responsabilizzare una democrazia che vuole crescere e maturare realmente. C’è un bisogno di verità che non può essere tacitato e annegato in ricordi “di maniera”: sapevano dei suoi movimenti, le carte custodite nella cassaforte della sede ufficiale dove alloggiava il Prefetto furono portate via, i poteri promessi sulla scia della riuscita lotta al terrorismo non arrivarono mai, la legge così attesa ma contrastata sul 416 bis e sull’aggressione ai patrimoni mafiosi, condivisa con il promotore Pio La Torre, fu approvata dal Parlamento solo “il giorno dopo”, esattamente il 13 settembre del 1982. Insomma, sono tanti i punti oscuri che attendono ancora una rigorosa verità!
Ma attenzione, il suo ricordo è ancora vivo anche perché il “metodo Dalla Chiesa” nella lotta alla mafia è tuttora attuale. È il metodo che mi ha sempre ispirato nel proporre “l’antimafia del giorno prima”. Una strategia non episodica o emergenziale ma costante, ben programmata, con un impegno che raccoglie le migliori risorse del Paese e dell’Europa per colpire in modo integrato le mafie: sul versante sociale e culturale, su quello militare e giudiziario, su quello economico e finanziario e su quello, molto trascurato, politico, istituzionale e burocratico.
Ecco perché sono passati tanti anni ma fare memoria su Dalla Chiesa porta all’impegno odierno e futuro: così la Speranza vive e si alimenta.