Un’altra personalità di spicco del nostro Paese è volata in cielo. Nicolò Lipari, un professore, un intellettuale, un politico di prestigio della storia della oggi rimpianta Prima Repubblica.
È giustamente ricordato per la sua qualità di studioso del Diritto Civile. In questo ambito così delicato del diritto, seppe innovare la ricerca e l’insegnamento universitario prima a Bari e poi a Roma, collegandoli con sistematicità alle innovazioni contenute nella straordinaria Costituzione Italiana e, successivamente, alle sfide aperte dal Diritto Europeo.
È bene ricordarlo anche come esponente politico di livello, che seppe arricchire la cultura dei cattolici democratici nel rapporto con le realtà associative più impegnate e con la stessa politica, in un’ottica di cambiamento democratico e di costruzione della cultura del dialogo e della cooperazione con la sinistra del nostro Paese.
Ma non dobbiamo sottovalutare il suo legame profondo con il mondo del Volontariato Organizzato. Fu Luciano Tavazza a sollecitare la sua umanità, la sua curiosità intellettuale e il suo ruolo istituzionale sui profili giuridici in grado di approcciare correttamente le caratteristiche originali del Volontariato.
Basti pensare alla sua condivisione dell’idea che non si dovesse definire nel nostro ordinamento una legislazione “sul Volontariato”, ma che fosse piuttosto necessaria una legislazione che si limitasse a regolare i rapporti trasparenti e coprogettuali tra il Volontariato e le Istituzioni.
Così pure era d’accordo che non si dovesse prevedere l’istituzione di un Albo per le organizzazioni di Volontariato, ma che fosse sufficiente iscriversi a un Registro. Con il primo, infatti, si individuano i soggetti sociali ausiliari dello Stato, mentre con il secondo si certifica la piena e libera soggettività di una realtà sociale, come avviene ad esempio con l’anagrafe.
Più volte Luciano Tavazza mi chiese di coltivare il rapporto con il professore e parlamentare Nicolò Lipari, durante la definizione al Senato della Legge Quadro del Volontariato, la famosa 266 del 1991. Per me fu un’occasione preziosa e significativa di crescita e maturazione, visti i suoi tratti caratteriali aperti al dialogo e alla collaborazione anche con un giovane chiamato allora a guidare il MoVI, il Movimento del Volontariato Italiano.
Si creò così un legame che non si è più interrotto.
Nicolò Lipari è stato sicuramente un “Maestro”, ma va ricordato inoltre come un “Testimone” del nostro tempo, che ha saputo vivere con rigore e generosità le ansie e le speranze di una società italiana ed europea alquanto travagliate.