Con il ceto medio-basso non si scherza, la sua crisi va presa sul serio. Il ceto medio rasenta ormai la povertà, quello basso addirittura la miseria. Continuare a non capirlo è da irresponsabili! Quando queste due realtà umane e sociali sono lasciate a se stesse si commettono due enormi danni: il primo all’economia, perché si tiene bassa la domanda interna e l’economia diffusa fatica a decollare; l’altro danno è alla democrazia, perché le loro difficoltà sono benzina sul fuoco del populismo, espongono la società alle reazioni ribellistiche e alla disaffezione al voto.
Quando il ceto medio-basso sta bene, invece, si alimenta una buona economia, c’è maggiore propensione a produrre, si favorisce la partecipazione politica e c’è più coesione sociale e disponibilità per politiche altruistiche, aperte verso il prossimo e verso la tutela ambientale.
In Germania hanno compreso bene questi fondamentali meccanismi socio-politici e il nuovo leader socialdemocratico si è dichiarato pronto a dare ulteriori risposte adeguate. Così Biden negli Stati Uniti. In Francia si è aperto un serrato dibattito. Insomma, in tutto l’Occidente si sta capendo che si è sbagliato a compromettere il benessere del ceto medio-basso e si sta cercando di recuperare, ovviamente con politiche innovative e lontane dall’assistenzialismo.
In Italia bisogna riconoscere che, con stipendi sotto i 2.000 euro, si soffre terribilmente, si determinano disuguaglianze e disagi micidiali, soprattutto all’interno delle famiglie e nello stesso rapporto tra genitori e figli. Per cambiare radicalmente passo ci vorrà una certa gradualità e un miglioramento delle capacità produttive, anche attraverso una qualificata riforma fiscale, ma dobbiamo iniziare presto, facendo innanzitutto alcune scelte.
Le risposte immediate da dare sono almeno tre:
1) Investire sull’abbattimento del cuneo fiscale in modo più massiccio. Ci vogliono almeno 20 miliardi di euro, per iniziare a fare sul serio. Daremmo realmente, così, una boccata di ossigeno al reddito da lavoro e alle stesse imprese.
2) Abbattere il costo dei mutui per le case, che erode una fetta notevole del reddito da lavoro. Bisognerebbe emanare un provvedimento che dia al ceto medio-basso la possibilità di rinegoziare l’importo del proprio mutuo con un tasso bassissimo, tra lo 0,25 e lo 0,50 per cento. Anche in questo caso si darebbe subito un respiro consistente soprattutto al reddito familiare.
3) L’aumento del salario di base va promosso per legge. In Germania il nuovo Governo alzerà l’asticella a 12,50 euro l’ora. Biden sta provando ad innalzarlo dagli attuali 7 dollari e mezzo a ben 15 dollari l’ora. In Italia dovremmo fissare il minimo ad almeno 10 euro l’ora e non verrebbe compromessa, come si paventa, la concertazione sindacale perché la legge si limiterebbe a definire il salario di base.
Rimane da rivedere naturalmente tutto il ciclo della vita, che va accompagnato con politiche moderne dalla nascita alla pensione, per sostenere un rilancio storico del ceto medio-basso e abbattere le insopportabili disuguaglianze ormai croniche, non solo di reddito ma anche di genere tra uomini e donne, generazionali tra giovani e adulti e territoriali tra il nord e il sud, tra le città e le aree interne.
È altresì decisivo collocare a livello europeo una scelta di tipo federale, da Stati Uniti d’Europa per capirci, in modo da stabilire salari dentro range comuni e rendere omogeneo a livello europeo il carico fiscale per le imprese, evitando così dislivelli che producono concorrenze sleali e delocalizzazioni selvagge.
In sostanza, c’è molto da ripensare, da riprogettare e da fare per rendere il “dopo” Covid migliore e più giusto in Italia e in Europa.